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Terme di Diocleziano. Dacia, la Romania antica a Roma
Le grandiose e suggestive Aule delle Terme di Diocleziano sono ambienti che si prestano a ospitare mostre, come l’esposizione attualmente in corso fino al 21 aprile 2024, Dacia. L’ultima frontiera della Romanità, che usa gli ampi spazi per valorizzare gli oltre 1000 reperti esposti.
La mostra è a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano; dopo le esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romania, 2022), quella a Roma si segnala per essere ampliata, infatti i circa 1000 oggetti provengono da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova, che per la prima volta sono esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano.
L’allestimento è funzionale alla fruizione: gli ampi spazi, i pannelli che contestualizzano i reperti, le carte geografiche e le teche ben illuminate concorrono a rendere la visita interessante e godibile.
La mostra, articolata in quattro sezioni, è introdotta dal calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana (scena XXXII, spirale V), che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città. L’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli la fece colorare agli inizi degli anni ’70, dimostrando così l’esistenza del colore nell’architettura dell’antichità imperiale romana.
La prima sezione è dedicata alla colonizzazione romana mentre le altre tre raccontano il periodo precedente e quello successivo per evidenziare le influenze esercitate dalle culture delle popolazioni vicine su quella della Dacia. La romanizzazione fu svolta con intelligenza a cominciare dalla difesa dei confini che necessitava di un cospicuo impiego di truppe, circa 30.000/40.000 uomini, coinvolgendo abitanti anche di altre regioni. A fine ferma militare l'ottenere la cittadinanza romana e terre nella zona difesa fu un ottimo incentivo che favorì l’integrazione. Tra i reperti è in esposizione un diploma che attesta la fedeltà del legionario e fornisce indicazioni sulla Guerra dacica. Le testimonianze scritte: epigrafi, tavolette cerate e bronzee esposte forniscono informazioni su questo argomento.
Questa ampia sezione mostra come il processo di acculturazione ed integrazione si sia diffuso in tutti gli aspetti della vita civile della Dacia, dalle leggi all’uso della lingua latina, mentre nella vicina Mesia confinante a sud si usava il greco, per la vicinanza delle antiche colonie greche del Mar Nero. Anche la religione ebbe una grande rilevanza, i numerosi reperti esposti con raffigurazioni delle diverse divinità sono la testimonianza di una spiritualità sincretica, sentita e diffusa come in altre parti dell’impero dove i culti della tradizione romana: Giove, Ercole, Minerva, Esculapio convivevano con Mitra, Serapide, Iside insieme ai culti propri della regione. Un esempio in mostra è la splendida statuetta di marmo che raffigura il Serpente Glykon, un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie, proveniente da Tomis.
Le suppellettili di uso quotidiano prodotte anche nella Dacia mostrano lo sviluppo dei commerci favoriti dalla moneta comune, alcune sono esposte come anche i pesi, dimostrano anche una diffusa adesione allo stile di vita romano, tra i pregevoli esempi in esposizione spiccano gli splendidi reperti in vetro. La presenza dello strigile evidenzia come anche le abitudini della cura del corpo si siano diffuse nella popolazione, così come i giochi. Uno dei motivi dell’invasione romana, oltre ai problemi strategici, fu la presenza dell’oro, testimoniata dai numerosi e splendidi monili presenti in tutte le sezioni. Alcuni di questi preziosi oggetti sono già stati in esposizione ai Mercati di Traiano nella mostra del 2011, Ori antichi della Romania. Prima e dopo Traiano .
Nella seconda sezione dedicata all’Età del ferro e nella terza sul periodo che precede la conquista romana, dominano le armi, su gli altri manufatti ed è evidenziata l’influenza delle popolazioni vicine: Illiri, Geti, genti della Tracia settentrionale, Greci e Sciti. Una grande importanza come simbolo di status del guerriero fu il cavallo sono in esposizione numerosi reperti riguardanti l’equipaggiamento necessario per cavaliere, come i finimenti riccamente decorati con temi zoomorfi o mitologici che sono la testimonianza della cultura dell’epoca. Non mancano monili aurei, segni di distinzione e di potere come il magnifico Elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia.
L’ultima sezione è imperniata sull’epoca della dissoluzione dell’Impero, la necesiità di mantenere sicuri i confini, dalle invasioni di popoli come gli Unni, mentre l’impero romano sopravviveva a Bisanzio. L’importanza della cristianizzazione e dell’uso della lingua latina sono evidenziate insieme agli influssi delle popolazioni limitrofe, come gli Sciti e i Parti, quelle germaniche e asiatiche. Tra gli oggetti in mostra che testimoniano vari aspetti della vita quotidiana colpisce il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con l’eccezionale phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi e preziose fibule.
La realizzazione della mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità” è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione generale Musei.
Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: sono trascorsi infatti 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima agenzia diplomatica della Romania in Italia.