La scomparsa di Francesco Di Giacomo. La voce del Banco

L’improvvisa scomparsa a 66 anni, avvenuta il 21 febbraio 2014 in un tragico incidente stradale nei pressi di Zagarolo, di Francesco Di Giacomo, il cantante e frontman del Banco del Mutuo Soccorso, ci coglie di sorpresa e ci lascia affranti, nella consapevolezza che scompare di scena uno dei protagonisti assoluti di quel genere musicale che ha saputo contaminare il rock con la musica classica, con il jazz e con altri stili e forme, e a cui viene universalmente dato l’appellativo di progressive

E della versione italiana, quasi mediterranea, del progressive, Di Giacomo, con il suo gruppo storico, il Banco del Mutuo Soccorso (poi semplicemente il “Banco”), è stato indubbiamente uno dei massimi alfieri e campioni.

Di lui mi piace ricordare una breve e intensa conversazione all'Auditorium Parco della Musica, alcuni anni fa, in occasione del concerto di Antony and the Johnsons, nella quale gli espressi tutta la mia ammirazione per il concept album Darwin! e i suoi meravigliosi testi, che “osai” paragonare a un classico della letteratura inglese, quel Thomas Hardy che pure aveva dato veste letteraria alle teorie di Darwin, nel romanzo Jude the Obscure.

Una delle ultime volte che mi capitò di ascoltarlo, dopo il mitico concerto di Frascati del 2009, fu alla Prog Exhibition del 2010, dove su un tappeto di tastiere soft si stagliò vibrante la sua voce con “Nudo” (“Prima o poi un pensiero arriverà a portarmi via/come un angelo nero mi confesserà che il cielo è un sasso./Siamo stati e saremo parole e gesti nel battito del cuore”.).

Di Giacomo non ha mai nascosto il valore anche politico della musica, che serve a tenere sempre desta l’attenzione su certi problemi.

E in tale contesto si collocano canzoni come  “R. I. P. (Requiescant In Pace)”, dall’album d’esordio del gruppo (con il celebre salvadanaio in copertina), uno dei più grandiosi inni pacifisti mai scritti nell’ambito della canzone italiana d’autore (con versi celebri come: "ma di te resterà soltanto/il dolore, il pianto che tu hai regalato") o “Canto nomade per un prigioniero politico”, quasi una triste trenodia dedicata alle vittime della dittatura cilena, da lui reinterpretata in un’esibizione congiunta del Banco e delle Orme alla Casa del jazz di Roma, per il festival Progressivamente 2011.

Parole lancinanti e di sublime semplicità come le seguenti possono ben suggellare il significato della sua esistenza: “Voi condannate per comodità, ma la mia idea già vi assalta./Voi martoriate le mie sole carni, ma il mio cervello vive ancora... ancora./Lamenti di chitarre sospettate a torto, /Sospirate piano/E voi donne dallo sguardo altero/Bocche come melograno/Non piangete perché io/Sono nato,/nato libero,/libero/Non sprecate per me una messa da requiem/Io sono nato libero".

23 febbraio 2014

Teo Orlando