Accademia Filarmonica Romana. L'intricata vicenda del Vivaldi ritrovato

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Federico Maria Sardelli

Giovedì scorso c'è stato un appuntamento insolito nella pur varia e stimolante Stagione della Accademia Filarmonica Romana al Teatro Argentina, il celebre maestro Federico Maria Sardelli ha incentrato lo spettacolo sul ritrovamento della musica di Antonio Vivaldi (1678-1741). C'è stata sì una parte musicale con Modo Antiquo, l'ensemble creato dallo stesso Sardelli nel 1987 ma il ruolo dominante lo ha avuto la parte teatrale con Sardelli protagonista, come regista, affabulatore e lettore.

Lo spettacolo è stato imperniato sul libro L'affare Vivaldi, scritto da Sardelli e pubblicato dalla Sellerio, in cui è ricostruita la vicenda del ritrovamento dei volumi che contengono l'archivio in cui Vivaldi raccolse sua musica. È un libro che consigliamo, non solo perché basato sulla meticolosa ricostruzione della parte storica, ma anche perché è ben scritto e scorrevole. Sardelli lo ricordiamo è anche il responsabile del Catalogo Vivaldiano presso la Fondazione Cini di Venezia e ha diretto anche prime moderne assolute di opere ritrovate come Montezuma e Farnace . La narrazione è in una forma drammatica se non teatrale, con lampi di ironia e squarci di giusta indignazione nella rappresentazione degli eventi. Il racconto, che è stato intervallato dalla lettura di alcuni brani del libro e dalla musica, di cui renderemo conto successivamente, parte da una dolorosa realtà storica, Vivaldi, celeberrimo e acclamato in tutta Europa passò di moda, non avendo più commissioni in patria andò a Vienna in cerca di fortuna per far fronte alla disastrosa situazione economica, avendo anche a carico le due sorelle Margarita e Zanetta. La situazione peggiorò, morì solo e disperato e come tutti gli indigenti, Mozart compreso, finì in una fossa comune. Quando i creditori veneziani appresero la notizia della sua morte fecero sequestrare i suoi beni, ma nell'elenco redatto dal notaio non c'erano i fascicoli in cui diligentemente aveva raccolto tutta la sua musica; dov'erano finiti ? Cosa accadde tra la sparizione e la riapparizione nel Collegio San Carlo dei Salesiani, a Occimignano nel Monferrato nel 1925 ? È questo l'argomento del libro ripercorso nello spettacolo intervallato dalla musica del “Prete rosso”, rosso perché rosso di capelli. C'è un aspetto da sottolineare: di Vivaldi si è persa la memoria per duecentottanta anni.

La ricostruzione narrata nel libro non è fantasiosa ma basata sulla documentazione vagliata con grande attenzione e citata dall'autore. La prima tappa dell'archivio vivaldiano è nella casa del bibliofilo veneziano Jacopo Soranzo (1686-1761), la probabile ricostruzione è che sia stato il fratello minore di Vivaldi, Francesco, a venderlo insieme agli strumenti, per sostenere le due sorelle che erano alla fame. Successivamnte venne in possesso di un altro bibliofilo l'abate Matteo Luigi Canonici (1727-1805) e poi di un singolare bibliofilo il conte Giacomo Durazzo (1717- 1794). Arrivato a Venezia da Vienna come ambasciatore imperiale, è noto soprattutto per il ruolo  di dominus nelle vicende del teatro musicale viennese e della “riforma” di Gluck. In tutti questi passaggi però nessuno si accorse che quei volumi contenevano la musica di Vivaldi,  neanche i curatori testamentari quando il Durazzo morì e il suo patrimonio bibliotecario fu diviso fra i due figli e, cosa fondamentale, cambiò residenza e finendo a Genova perché la famiglia apparteneva al patriziato genovese. Uno dei discendenti, Marcello Durazzo, che si era ritirato nel Monferrato, alla sua morte nel 1922 lasciò i preziosi volumi della sua biblioteca al collegio dei Salesiani e lì rimasero fino a che il nuovo priore, padre Federico Emanuel, non decise di venderli per ricavare il denaro che gli serviva per i lavori edilizi nel collegio. A questo scopo interpellò per una valutazione del suo valore Luigi Torri (1863- 1932), direttore della Biblioteca Nazionale di Torino, ma anche violoncellista compositore e musicologo, esperto e divulgatore di musica antica, che, accortosi dell'importanza dell'archivio, coinvolse Alberto Gentili (1873- 1954), compositore, direttore d'orchestra, musicologo e primo docente di storia della musica  all'Università di Torino. Il valore di 296 mila lire era enorme ma, dopo vari sfortunati tentativi, Gentili riuscì a trovare un mecenate nell'agente di cambio Roberto Foà, che donò la somma in memoria di Mauro, il figlio morto a un anno di età, a cui fu intitolato il fondo. Acquisiti i manoscritti i due si accorsero che mancava una parte, i volumi erano stati numerati ed erano in loro possesso solo i dispari. Dopo varie ricerche scoprirono che il proprietario dei volumi pari era un altro discendente, il conte Giuseppe Maria Durazzo, che dopo varie vicissitudini acconsentì a vendere i volumi mancanti. I volumi furono acquistati grazie a un altro mecenate, l'industriale tessile Filippo Giordano, in ricordo del figlio Renzo prematuramente morto a dodici anni, a cui è intitolata l'altra parte del fondo. Un lieto fine anche se propiziato da eventi tragici ? No perché  si verificarono degli accadimenti che dimostrano come l'antico nome della penisola, Saturnia, sia più adatto di Italia, vista l'incoercibile propensione a divorare i propri figli. Il primo ha come protagonisti Ezra Pound che con la sua amante, la violinista Olga Rudge si impadronì della partiture grazie all'appoggio dei gerarchi fascisti e fece anche delle discutibili trascrizioni delle musiche. Poi come è noto il merito della scoperta di Vivaldi, con la prima esecuzione moderna di alcune sue composizioni alla prima Settimana senese, nel 1939, fu ascritto al Conte Guido Chigi-Saracini fondatore dell'Accademia Chigiana e al compositore Alfredo Casella. Nessuno potè opporsi, Torri era morto, le leggi razziali emanate nel 1938, secodo evento, avevano colpito Gentili, Foà e Giordano, che erano ebrei e fuggirono, Giordano tra l'altro aveva regalato a Mussolini il violino Amati di Vivaldi.

Questo è il racconto, Sardelli è un abile scrittore e come affabulatore riesce a stabilire un buon rapporto con il pubblico ma il ritmo della drammaturgia non è stato sempre scorrevole né ben connesso alla parte musicale. La parte musicale è stata molto interessante perché il programma è stato incentrato sulle opere giovanili, a cominciare dalla Sonata in sol maggiore per violino, violoncello e basso continuo RV 820 . La composizione è stata rinvenuta in un gruppo di composizioni di Giuseppe Torelli (1658-1709) e dei suoi allievi, che ora si trova a Dresda, nell'archivio della cappella di Ansbach dove Torelli, che portava con sé la sua musica e quella dei suoi giovani allievi, è stato Konzertmeister tra la fine del seicento e gli inizi del settecento. Il brano di grande interesse è ancora vicino alla tradizione della sonata seicentesca; un'altra composizione eseguita è stata la Sonata in re minore per due violini e basso continuo La Follia op. I n. 12 RV 63. Si tratta di un ciclo di venti variazioni sulla “Follia”, l'antico e celeberrimo tema in tempo di sarabanda, utilizzato da numerosi compositori dell'epoca, che conclude la prima raccolta pubblicata da un giovanissimo Vivaldi appena entrato nell’Istituto della Pietà dove insegnerà per i successivi trent’anni. È il rivelarsi di quella straordinaria abilità ingegnosa e seducente di Vivaldi, che poi si sarebbe affermato grazie alla sua capacità di stupire l'ascoltatore con le invenzioni melodiche, timbriche e ritmiche e con l'uso dei più vari strumenti e nella valentia nel farli dialogare tra loro. Nel Concerto in sol maggiore RV 438 per flauto traversiere, archi e basso continuo è intervenuto Sardelli anche come solista, il brano è stato scelto proprio come esempio di come il compositore abbia saputo scrivere per un gran numero di strumenti. Il Concerto in re minore per violino, archi e basso continuo RV 813 è stata la composizione, che ha aperto il concerto, e anche quella la cui resa interpretativa c'è sembrata inferiore agli altri brani per il dialogo fiacco fra gli strumenti. Il Concerto in mi minore per violino, archi e basso continuo da La Stravaganza op. IV n. 2 RV 279 diretto da Sardelli è stato il degno finale, per mostrare alcune delle peculiarità dell'arte di Vivaldi. Modo Antiquo ha reso bene i brani in programma in particolare ricordiamo Bettina Hoffmann, al violoncello, e Gianluca Geremia, alla tiorba. Grandi applausi al termine di ogni passaggio dello spettacolo, alla fine è stato concesso un bis, un brano da un Concerto composto dallo stesso Sardelli, una Ciaccona nello stile di Vivaldi.

Pubblicato in: 
GN17 Anno XI 11-18 marzo 2019
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Filarmonica
TEATRO ARGENTINA

giovedì 7 marzo 2019 ore 21

L’AFFARE VIVALDI

concerto reading
testo da L’Affare Vivaldi di Federico Maria Sardelli (ed. Sellerio)
drammaturgia di Federico Maria Sardelli

MODO ANTIQUO

Federico Guglielmo violino solista
Raffaele Tiseo, Paolo Cantamessa violini
Pasquale Lepore viola
Bettina Hoffmann violoncello
Nicola Domeniconi contrabbasso
Gianluca Geremia tiorba

Federico Maria Sardelli direzione, flauto, narrazione

Antonio Vivaldi (1678-1741)

Concerto in re minore per violino, archi e basso continuo RV 813
Sonata in sol maggiore per violino, violoncello e basso continuo RV 820
Concerto in sol maggiore RV 438 per flauto traversiere, archi e basso continuo
Sonata in re minore per due violini e basso continuo La Follia op. I n. 12 RV 63
Concerto in mi minore per violino, archi e basso continuo da La Stravaganza op. IV n. 2 RV 279

Vedi anche: 

Il Farnace:http://www.gothicnetwork.org/articoli/maggio-musicale-fiorentino-farnace-esemplare-melodramma-barocco