Jesi Teatro Pergolesi. Grande successo per il ritorno de I Puritani

Articolo di: 
Daniela Puggioni
I Puritani scena finale atto III foto Binci

L'inaugurazione della 45° Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi, il 5 ottobre 2012, ha visto il ritorno nel teatro di Jesi, dopo 161 anni, de I Puritani, ultima opera e capolavoro di Vincenzo Bellini. Lo spettacolo, in coproduzione con i Teatri del Circuito Lirico Lombardo, è la dimostrazione di come una attenta e capace amministrazione, condividendo le spese, riesca a costruire una stagione di qualità, con opere molto impegnative da mettere in scena, sfruttando al meglio le risorse disponibili e permettendo a giovani cantanti di cominciare ad affrontare ruoli anche difficili.

I Puritani andarono in scena il 24 gennaio 1835 al Théâtre Italien, il libretto del conte Carlo Pepoli, poeta bolognese in esilio in Francia, è basato su un testo teatrale Têtes rondes et Cavaliers di J.A.F. Ancelots e J.X.B.Saintine; il titolo iniziale, infatti fu  I Puritani e i Cavalieri poi abbreviato a I Puritani. L'opera ebbe un tale esito trionfale, che Bellini ricevette la Legion d'onore, lo sfortunato musicista, però, morì il 23 settembre dello stesso anno, probabilmente di una gastroenterite mal curata, in solitudine, perché i suoi ospiti temevano che avesse il colera.

La vicenda de I Puritani è semplice: si svolge durante la guerra tra il re Carlo I Stuart e Cromwell: nel giorno delle nozze con Elvira, di famiglia puritana, Lord Arturo, cattolico seguace degli Stuart, riesce fare fuggire una misteriosa prigioniera destinata al patibolo, che si rivela essere la regina. Approfitta del velo da sposa, suo dono di nozze a Elvira, che nasconde il volto della regina, del salvacondotto, concessogli per andare via  insieme alla sposa dopo la celebrazione delle nozze, e della complicità di Riccardo, che innamorato della giovane, spera così di liberarsi del rivale.

Elvira, disperata per l'abbandono di cui ignora la vera causa, impazzisce. Dopo tre mesi Arturo ritorna, ma scoperto, viene messo a morte per il suo delitto, Elvira, ritornata in sé, implora la grazia e fortunatamente arriva la notizia della vittoria di Cromwell, che decreta l'amnistia per riportare la pace: il giovane è salvo e l'opera si conclude insolitamente con il lieto fine.

In questa opera Bellini curò con molta attenzione la parte strumentale, in cui si sente l'influsso del Rossini del Guglielmo Tell e dei rifacimenti parigini, ma l'origine del successo travolgente dell'opera fu ed è legato al fascino straordinario del fluire della melodia nel canto dei singoli e nei pezzi di insieme. Proprio in questa opera Bellini in alcuni casi non separò nettamente arie e pezzi di insieme ottendo una maggiore efficacia drammatica: un esempio è la celeberrima A te, o cara, l'aria di sortita di Arturo (atto I) in cui intervengono il coro e poi i tutti come accade anche in Son vergin vezzosa, polonaise di Elvira (atto I).

Nella prima parte della scena della pazzia di Elvira, il musicista rinunciò al coro ma inserì baritono ( Riccardo) e basso (Giorgio) definendo il pezzo un terzetto , una soluzione drammaturgica di grande effetto e innovativa rispetto alla tradizione, che troviamo nella Lucia di Lammermoor dello stesso anno; non potremo mai sapere come questi cambiamenti si sarebbero potuti evolvere.

I ruoli  furono affidate ad interpreti fuori del comune in particolare il tenore: Giambattista Rubini, idolo del pubblico, per essere dotato di una estensione vocale prodigiosa che gli permetteva di giungere senza problemi al Fa  sopracuto, ovviamente in falsetto , in Credeasi, misera, concertato (atto III), mantenendo inalterata l'emissione morbida. La tessitura sopracuta del tenore, in cui sono presenti oltre al Fa, Do diesis, Re bemolle, Mi bemolle, è il principale e gigantesco scoglio da superare  da quando si è imposto, con l'avvento del Verismo, il canto unicamente di petto.

Al di là delle incisioni in cui solo Gedda e, ancora meglio Pavarotti, sempre in falsetto, raggiungono il mitico Fa, si ricorda solo il temerario Matteuzzi che lo emise dal vivo nel 1989 al teatro Bellini di Catania. Il tenore Yijie Shi è stato un Lord Arturo convincente, con una buona dizione italiana, non certo facile da raggiungere per un cinese, non è giunto al terrificante Fa, posto nel finale e il cui taglio rientra nella norma, ma ha cantato il resto, con una emissione non sforzata, con voce sufficientemente morbida e abbastanza attenta all'eleganza della scrittura belcantistica.

Bel Canto, non è una definizione legata ad un giudizio estetico, ma ad un modo di concepire la voce come uno strumento in una visione idealizzata e astratta degli affetti, che si affermò progressivamente nel melodramma all'inizio del XVIII secolo e che il cambiamento di sensibilità alla fine dello stesso secolo dovuto all'incipiente affermarsi del Romanticismo portò al lento ma definitivo tramonto nel corso del 1800. La scrittura vocale di Bellini rappresenta efficacemente il momento di transizione in quanto gli abbellimenti hanno spesso un fine espressivo in senso drammatico, per caratterizzare i sentimenti del personaggio o la situazione drammatica e non più ideali affetti, di qui la maggiore difficoltà di interpretazione per i cantanti.

Il  Sir Riccardo Forth di Julian Kim, coreano, anch'esso dotato di una buona dizione e di un buon timbro baritonale, ha avuto il giusto piglio irruento, bene il Sir Giorgio di  Luca Tittoto, basso, che si è calato con disinvoltura nel ruolo di Sir Giorgio, tenero e amorevole zio con Elvira, ma anche autorevole ed eroico nella cabaletta.  L'Enrichetta di Francia di Elide De Matteis Larivera ci è parsa opaca; per quello che riguarda la parte di Elvira, è particolarmente difficile in quanto si richiede un soprano dotato di un superbo registro centrale ma anche  di formidabili sopracuti e svettanti agilità. Maria Aleida ha una voce piccola, sicura e intonata nella parte acuta ma non ci è sembrata altrettanto convincente nel registro centrale.

L'orchestra e coro, diretto da Paquale Veleno, si sono ben disimpegnati sotto la guida Giacomo Sagripanti. Le scene di Guido Buganza, dovendosi adattare a diversi teatri, alcuni assai piccoli, erano ingegnosamente articolate su due piani per guadagnare spazio, per cui non si è capita la necessità di ingombrare la scena con macchine mobili, voluminose e superflue alla comprensione degli avvenimenti; funzionali i costumi stilizzati ispirati al '600 di Margherita Baldoni.

Lo sfondo storico è solo un pretesto per le vicende personali,  per cui è non si comprende perché l'ambiente puritano sia stato delineato in modo così esasperato, eccessivo, quasi ridicolo nelle scene mimate che sembrano più un'esigenza di riempire la scena comunque, da parte del regista Carmelo Rifici, che dettate da esigenze drammaturgiche. Lo spettacolo che si è svolto in un teatro affollatissimo, ha riscosso un grande successo e gli artisti sono stati tutti lungamente applauditi.

Pubblicato in: 
GN47 Anno IV 15 ottobre 2012
Scheda
Titolo completo: 

Jesi, Teatro G.B. Pergolesi
45° Stagione Lirica di Tradizione 5 ottobre - 25 novembre 2012

mercoledì 3 ottobre 2012, ore 16 – anteprima giovani
venerdì 5 ottobre 2012, ore 21
domenica 7 ottobre 2012, ore 16

I PURITANI
Melodramma serio in tre parti
Libretto di Carlo Pepoli
dal dramma Têtes Rondes et Cavaliers di J.F. Ancelot e X.B. Saintine
musica di Vincenzo Bellini
Prima rappresentazione: Parigi, Théâtre Italien, 24 gennaio 1835
 
Lord Gualtiero Valton Luciano Leoni
Sir Giorgio Luca Tittoto
Lord Arturo Yijie Shi
Sir Riccardo Forth Julian Kim
Sir Bruno Roberton Dario Di Vietri
Enrichetta di Francia Elide De Matteis Larivera
Elvira Maria Aleida
direttore Giacomo Sagripanti
regia Carmelo Rifici
scene Guido Buganza
costumi Margherita Baldoni
 
FORM - Orchestra Filarmonica Marchigiana
Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”
maestro del coro Pasquale Veleno
 
in coproduzione con TEATRI DEL CIRCUITO LIRICO LOMBARDO:
Teatro A. Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Como, Teatro Grande di Brescia, Teatro Fraschini di Pavia
Nuovo allestimento