Lucio Saffaro. La grazia poetica della geometria

Articolo di: 
Elena Gajeri
Il poliedro M2 (opus CCLXIII), 9 aprile 1985.jpg

Basta osservare uno dei meravigliosi poliedri di Lucio Saffaro (1929-1998) per cogliere la grazia delle proporzioni e dell'armonia, l'espressione poetica di una figura geometrica che rimanda ad altro da sé. Saffaro è uno straordinario artista, che unisce in una sintesi originale la matematica, la pittura, la scrittura e la musica. Il suo nome torna ora a circolare, anche presso il grande pubblico, grazie alla Fondazione Lucio Saffaro - guidata dal Presidente prof. avv. Federico Carpi e dal Presidente onorario prof. Fabio Roversi Monaco -, che ha presentato il 27 febbraio 2014, in anteprima presso il Museo della Storia di Bologna (Palazzo Pepoli), il documentario Lucio Saffaro. Le forme del pensiero, realizzato da RAI Educational, da  un'idea di Gisella Vismara e con la collaborazione del CINECA. Il documentario raccoglie le testimonianze di numerosi studiosi ed esperti dell'opera saffariana. 

La Fondazione Lucio Saffaro, voluta dallo stesso artista e affidata alle cure dell’amico e storico dell'arte Giovanni Maria Accame, a partire dal 1999 ha promosso molte importanti iniziative: il progetto di una permanente al Museo di Palazzo Poggi (l’antico Istituto delle Scienze) a Bologna, già sede di una personale di Saffaro nel 2004; la creazione dell’Archivio Lucio Saffaro presso il Dipartimento di Matematica dell’Università di Bologna; l’esposizione presso la Biblioteca dell’Accademia di Brera a Milano nel 2009; il grande catalogo delle opere pittoriche e letterarie in corso di redazione da parte di Gisella Vismara.  

Lucio Saffaro nacque nel 1929 a Trieste, cui rimase sempre molto legato, ma la sua città di elezione è stata Bologna, dove trascorse la sua vita e presso la cui Università si laureò in fisica. È stato pittore, scrittore e matematico, un artista originalissimo che situava al vertice delle sue ricerche l’unione di arte e scienza (giudizio espresso, tra gli altri, da Giulio Carlo Argan). Ha esposto alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e in molte altre importanti rassegne in Italia e all’estero.

La prima mostra personale è stata presentata da Francesco Arcangeli nel 1962 alla Galleria dell’Obelisco di Roma. Ne seguirono altre quaranta circa, allestite in qualificate gallerie private e pubbliche. Tra queste ultime, le antologiche al Museo di Castelvecchio a Verona (1979), alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna (1986) e al Museo Civico di Bassano del Grappa (1991). Nonostante il crescente successo, fu molto riservato, tanto nella vita privata – poco fece sapere ad esempio dei suoi epistolari amorosi con figure femminili belle e sapienti – quanto  sorprendentemente anche nella vita “professionale” (è forse l'unico caso al mondo di un artista che, all'apice della fama, ha ridotto la produzione dei propri quadri con sovrana indifferenza per le leggi del mercato) e ciò a difesa della propria libera ispirazione creatrice.

La grande fama di Saffaro è legata in pittura ai poliedri complessi dai meravigliosi colori ed alla sua scoperta dei poliedri autointersecantisi. Nello spazio esistono infatti solo cinque solidi regolari, denominati poliedri platonici. Nel Timeo, dialogo "cosmologico" del filosofo greco, i quattro elementi cosmici, il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria, sono organizzati  dal Demiurgo, una figura di artefice di origine divina, “in forme e numeri e nel modo più bello e migliore possibile”.

Il tetraedro è forma del fuoco, l’ottaedro dell’aria, l’icosaedro dell’acqua e il cubo è forma della terra. La quinta combinazione è il dodecaedro regolare e il dio “se ne giovò  per abbellire il disegno dell’universo”: esso è  la forma celeste del cosmo e corrisponde ai dodici segni dello zodiaco.

Piero della Francesca e Luca Pacioli riprendono la concezione platonica dei cinque poliedri raffiguranti le forme dell’universo, ma, secondo gli storici, sarà Keplero a compiere il primo tentativo di estendere questo numero chiuso e limitato. Lucio Saffaro ha dimostrato come questa ricostruzione sia fallace: l’immagine di un nuovo solido, il dodecaedro stellato, compare realizzata a mosaico sul pavimento della Basilica di San Marco ed è attribuita a Paolo Uccello. L'immagine del dodecaedro stellato di Paolo Uccello è divenuta famosa nel 1986 perché è stata scelta, su suggerimento di Saffaro, come simbolo della XLII Biennale di Venezia dedicata al tema Arte e Scienza e curata da Maurizio Calvesi. 

Paolo Uccello era partito però da poligoni stellati per fare poliedri (il dodecaedro stellato è costruito applicando una piramide regolare su ognuna delle facce). Saffaro costruisce invece una classe di poliedri stellati compenetrando nello stesso spazio più poliedri e agglomerandoli in misura sempre maggiore. Diventano così concepibili anche poliedri stellati composti dalla compenetrazione di poliedri platonici. Oltre ai poliedri stellati, Saffaro crea i poliedri di un'altra classe, denominati deltaedri regolari e composti solamente da triangoli equilateri. Deltaedri regolari sono Il poliedro M2 e La disputa ciclica, i due poliedri più complessi di tutta la geometria: uno formato da 240 e l’altro da 360 triangoli equilateri. 

Ma i poliedri multiformi di Saffaro, materia di celesti realtà, sono anche virtuosistiche “scritture figurate”. La loro grazia apollinea rifulge più intensamente dell’arte matematica che li ha generati. Molti titoli dei quadri di Saffaro vanno letti come microtesti poetici: “La stella di Origene”, ”L’icosaedro marino”, “La teca del caso”, “Il piano di Orfeo” etc.  “Credo che per lui l’ideale fosse l’interpenetrazione e l’incrocio di figura e scrittura, per modo che la figura sveli o porti in superficie la scrittura e la scrittura si riveli immediatamente figura. (…) Bisogna guardare in modo diverso dal consueto la sua opera grafica, che si rivolge a noi come discorsi, e leggere in altro modo dall’abituale le sue enunciazioni scritte, che si offrono come immagini e figure” (Rubina Giorgi, la più acuta tra gli interpreti saffariani).

L'opera “geometrica” di Saffaro rimanda dunque a qualcosa di altro, alla ricerca dell'infinito, tanto matematico quanto filosofico (in questo analoga alla ricerca matematica e pittorica del grande filosofo e storico della matematica Imre Toth). Da qui l’interesse parallelo per le architetture musicali, intese come espressioni sensibili di ardui linguaggi matematici. Il celebre organista prof. Luigi Fernando Tagliavini, intervistato nel documentario RAI, sottolinea la centralità della dimensione della musica nell'opera e nella elaborazione teorica di Saffaro.

L’importanza della componente musicale nell’opera di Saffaro, e soprattutto la presenza di Bach, sono state accertate dalla storica dell’arte Estella Brunetti fin dagli esordi dell’artista (Lucio Saffaro, Galleria Comunale d'Arte, Trieste, aprile 1964). Di matrice bachiana sono queste “inedite descrizioni di forme statiche incentrate sull'evidenza del calcolo prospettico (…) scalate e traguardate a livelli diversi di piani puramente ottici” ma contravvenendo “a qualsiasi profondità spaziale effettiva” pur riflessa “in una perentorietà nuova e inusitata.” (Brunetti, art. cit.). Siamo di fronte a quello speciale tipo di richiamo tra matematica, scienza ed arte che è stato studiato da Douglas R. Hofstadter in Gödel, Escher, Bach: un’eterna ghirlanda brillante (1979), tr. It. Adelphi 1984.

Sulle geometrie saffariane prevale però la centralità della creazione letteraria. Se i poliedri rappresentano autentici „stati di grazia“ e contemplazioni di immagini sovramondane, i testi scritti raccontano l’irradiazione verbale e la scansione epica di queste visitazioni angeliche. Saffaro ha pubblicato una cinquantina di testi. Tra di essi spicca la Teoria dell’inseguimento, apparsa nel 1986 a Parigi con un saggio introduttivo di Paul Ricoeur. E vi sono molti altri testi, inediti ed ancora affidati agli amici, che risulteranno fondamentali per la comprensione dell’artista.

Saffaro considerava gli scritti (trattati, dialoghi, teorie) come la chiave di volta di tutta la sua opera. Da essi si evince il carattere “mistico” in senso lato del suo lavoro – in tempi di radicale secolarizzazione, Saffaro torna ad insegnarci “come l’uom s’etterna”. Da questa vocazione all’indicibile e all’impensabile misuriamo la distanza di Saffaro dalla modernità e dalle avanguardie e, all’opposto, la scoperta e l’annunciazione di una modernità di conio interamente nuovo.

Lucio Saffaro ha del resto provocatoriamente affermato che Canaletto – il Canaletto dei piani prospettici ad infinitum – è stato l’ultimo dei pittori moderni. Con una formula di sintesi diciamo: Saffaro, o della “circolarità del futuro”, poiché il passato e i grandi autori della tradizione occidentale in campo matematico, pittorico, musicale e letterario adombrano profeticamente le “visioni” saffariane come anticipazioni del tempo a venire. Accanto all'opera di archiviazione e catalogazione della Fondazione,  si rende perciò necessario un grande lavoro di esegesi e di interpretazione riga per riga, parola per parola dei testi di Lucio Saffaro, non facili eppure illuminati da una claritas colma di enigmi attraverso il periodizzare fitto di citazioni e di ripetizioni virgiliane, bibliche e dantesche. Su questo si attende il commentarius perpetuus di Riccardo Sanchini, un primo esempio di ermeneutica saffariana totale, frutto di molti anni di scambi epistolari e di fervidi conversari con il poeta.

Pubblicato in: 
GN19 Anno VI 20 marzo 2014
Scheda
Titolo completo: 

FONDAZIONE LUCIO SAFFARO 

via S. Stefano, 30 • 40125 Bologna •

La Fondazione Lucio Saffaro promuove l’anteprima del documentario prodotto da RAI Educational-Magazzini Einstein:

“Lucio Saffaro. Le forme del pensiero” regia di Giosuè Boetto Cohen 

da un'idea di Gisella Vismara con la collaborazione del CINECA. La proiezione, della durata di 52 minuti, si è tenuta giovedì 27 febbraio alle ore 17.30 presso il Museo della Storia di Bologna.

Palazzo Pepoli - Sala della Cultura Via Castiglione 8 – Bologna 

Interventi: 

- il prof. Federico Carpi, Presidente della Fondazione Lucio Saffaro; 

- il prof. Fabio Roversi Monaco, Presidente di Genus Bononiae e Presidente Onorario della Fondazione Lucio Saffaro; 

- Isabella Donfrancesco, Capoprogetto RAI EDUCATIONAL; 

- Giosuè Boetto Cohen, giornalista; 

- il prof. Michele Emmer, Ordinario di Matematica, Università di Roma-La Sapienza; 

- il prof. Bruno D'Amore, Ordinario di Didattica della matematica, Università di Bologna. 

Per l' antologia critica su Saffaro, cfr. il sito della Fondazione