Il prezioso nichilismo di Benvenuto Ferrazzi in mostra a Roma

Articolo di: 
Giulio de Martino
Torlonia

La bella mostra monografica Benvenuto Ferrazzi (1892-1969), in svolgimento al Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma, è la prima antologica di un artista interessante anche se poco considerato fra i pittori romani del primo ‘900. Molte delle opere esposte provengono dal Museo di Roma e dalla Galleria Comunale d'Arte Moderna. La mostra si svolge con il contributo della Fondazione Cipriano Efisio Oppo e per la cura di Laura Moreschini e Valerio Rivosecchi.

Benvenuto Ferrazzi (il suo vero nome era, però, Riccardo) fu un grande talento pittorico. Le capacità formali, l’aver esplorato virtuosisticamente ogni periodo della tradizione del disegno e della pittura – dal gotico al classico, dall’inquieta sperimentazione di fine ‘800 ai Fauves fino al Futurismo – lo resero un artista in cui poteva emergere in piano la paradossalità del rapporto fra la pittura e il primo Novecento.

La varietà degli stili e delle memorie, l’assenza di una scelta, culturale o utilitaristica che lo collocasse in uno o l’altro dei manifesti, delle tendenze e dei comparti della produzione di immagini del nuovo secolo, lo spinsero ad una sorta di maledettismo artistico, di nomadismo immaginale, di cui Ferrazzi teneva la guida attraverso rischiose intuizioni mistiche ed esistenziali. Di qui la narrazione – convalidata dalle pagine dell’Autobiografia principiata nel 1923 – del bohémien fuori tempo, dell’amico dei folli e dei carcerati, degli anarchici e dei criminali, che dipingeva nella camera mortuaria di un convento.

Pur essendo figlio d’arte e fratello del noto pittore accademico Ferruccio Ferrazzi (1891 -1979) – che fu interprete conclamato dell’iconografia art-nouveau, neogotica e simbolistica in voga nel periodo del fascismo – Benvenuto Ferrazzi fu pittore di temperamento e cultura eccentrici. La biografia ce lo delinea come un uomo schivo e solitario, di forte e contraddittoria spiritualità, invaso da sensibilità cristiane, umanitarie e socialistiche, vicino all’anarchismo e al mondo della marginalità sociale: un pittore dalla figurazione realistica e al tempo stesso visionaria, rimarcata dal colore attraverso una linea di contorno espressionisticamente rafforzata e che – pur rivelando una solida base accademica - richiama eccezioni di tipo «selvaggio» come quella di Van Gogh e dei Fauves.

Pur lontanissimo dall’arte ufficiale, Benvenuto Ferrazzi ebbe a Roma vari estimatori e fra questi Anton Giulio Bragaglia che ospitò sue mostre dal 1920 al 1934 nella “Casa d’arte”, definendolo il pittore del  «lato oscuro» della Roma contemporanea. Nacque a Castel Madama (Roma) nel 1892 – luogo che sarebbe tornato nella sua pittura di scorcio – e, pur avendo seguito un intenso curricolo di formazione artistica, espose per la prima volta solo nel 1918 alla “Mostra d'arte indipendente pro Croce rossa” alla Galleria dell'Epoca, insieme a De Chirico, Carrà, Soffici e Prampolini.  Le sei opere in mostra ci rivelano l'influenza sulla sua linea pittorica di Cézanne e del futurismo. Addirittura, il suo dipinto Dinamismo di giostra fu scelto da Filippo Tommaso Marinetti per il padiglione del futurismo della Biennale di Venezia del 1942 anche se poi non fu esposto.

In realtà Benvenuto Ferrazzi, per dare uno sbocco commerciale alla sua pittura, tentò anche uno stile pittorico del tutto diverso e per questo propose dipinti e disegni dedicati al paesaggio, al pittoresco, alla gente di strada e di osteria nel segno della “Roma che va sparendo”. Questa produzione illustrativa gli consentì di prender parte alla Biennale romana (1921, 1923), alle mostre annuali della “Società degli amatori e cultori di belle arti” (1923, 1926, 1928) fino alle mostre del “Sindacato fascista di belle arti del Lazio” dal 1930 al 1942.

Tuttavia anche nelle opere di paesaggio urbano si affacciavano, sia pure di scorcio, elementi della sua sensibilità malinconica e funerea: un sentimento tragico della vita che dirompe dal 1935 in dipinti come Nonna morta, Il Cristo morto, Il galeotto, Lo scemo, Bambina morta visti alla II Quadriennale di Roma. In questa pittura Benvenuto Ferrazzi incarnava quella tonalità lugubre, drammatica, finanche patetica che fungeva da contraltare al virilismo trionfale dell’ideologia fascista.

I suoi numerosi Autoritratti sono tracce di un cammino che va dalla contraddittoria raffigurazione di sé stesso all'esplorazione del campo vuoto delle pittura. A conferma della sua schizofrenica genialità Ferrazzi avrebbe esposto, nell'aprile del 1936, un  ritratto di Benito Mussolini a cavallo alla villa comunale di Sanremo. D’altro canto, con tre disegni (tra cui Il pittore Stanislao Ferrazzi morto), due olii e un'incisione, avrebbe partecipato nel 1939 alla Quadriennale di Roma, dove sarebbe tornato ad esporre nel 1943, nel 1951 e nel 1955. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si segnalò nuovamente nel 1951 con una mostra alla galleria Fiorani a via del Babuino. Negli anni  Sessanta avrebbe partecipato più volte alla “Rassegna di arti figurative di Roma e del Lazio”.

In questa'ultima fase della vita e dell’arte, Benvenuto Ferrazzi dipinse quadri decisamente simbolistici, con figurazioni allegoriche di tipo neo-medioevale e religioso che, per l’intenso cromatismo e l’ambientazione visionaria, ricordano pittori surrealisti e naïf, anche di cultura non europea. Si trattava di una pittura sacrale e disperata che, attraverso una iconografia drammatica ma popolare (croci, scheletri, incubi…), raccoglieva i fili di una esperienza artistica e esistenziale senza conciliazione.

Pubblicato in: 
GN36 Anno VIII Numero doppio 28 luglio - 5 agosto
Scheda
Titolo completo: 

Musei di Villa Torlonia. Casino dei Principi

Mostra: “Benvenuto Ferrazzi (1892-1969)”

Dal 25 maggio al 25 settembre 2016

Orario:  da martedì a domenica ore 9.00-19.00
la biglietteria chiude 45 minuti prima
chiuso lunedì