Teatro Quirino. Zeno e la sua inquietudine esistenziale

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Teatro Quirino La coscienza di Zeno

Uno spettacolo teatrale tratto da un grande classico della letteratura mette lo spettatore in una condizione particolare, poiché si vede costretto a confrontare le impressioni della lettura del libro con il modo in cui i suoi significati simbolici e letterari sono stati situati dentro la rappresentazione scenica dal regista e da chi ne ha curato l’adattamento teatrale. La coscienza di Zeno, spettacolo in programmazione al teatro Quirino di Roma dal 2 al 14 aprile, con la regia di un maestro di grande esperienza come Maurizio Scaparro, testo il cui adattamento teatrale venne realizzato in pasato da Tullio Kezich, sorprende e colpisce lo spettatore per la sua fedeltà al libro di Italo Svevo e per la sua elegante raffinatezza.

Nella prima parte dello spettacolo compare Zeno Cosini, ruolo affidato al bravissimo attore Giuseppe Pambieri, il quale inizia a raccontare le sue vicende esistenziali ad uno psicanalista, nella speranza che possa aiutarlo a guarire dalla sua misteriosa ed oscura malattia. Così come avviene nel libro, allo stesso modo nello spettacolo sono i ricordi del protagonista Zeno Cosini, raccolti e vivisezionati dall’analista, a scandire ed a dare una forma compiuta alla rappresentazione scenica e teatrale. Infatti sarà l’analista che pubblicherà le memorie di Zeno, per vendicarsi del suo paziente, che aveva interrotto la terapia. 

Zeno confessa al suo medico di avvertire una strana e incomprensibile inquietudine esistenziale, che lo priva della serenità e della tranquillità e spesso lo rende vittima di una nevrosi, da cui si sente tormentato.

Dichiara, durante la seduta psicanalitica, filtrata attraverso il soggettivo e personale ricordo, di non essere mai riuscito a smettere di fumare, pur volendolo fare. Racconta il rapporto che ebbe con suo padre, dal quale veniva bonariamente rimproverato per la sua perenne tendenza a vivere il rapporto con la vita con un atteggiamento oscillante tra il  distacco e l’ironia.

Dal padre fu sempre  amato e sostenuto, anche se in punto di morte lo colpì, forse casualmente, con uno schiaffo involontario. Divertente e indimenticabili sono i momenti in  cui ricorda il modo con cui avvenne il suo fidanzamento ed il suo matrimonio. Frequentando la casa di Giovanni Malfenti, un ricco commerciante che fu amico di suo padre, Zeno si invaghisce di Ada, che delle quattro sorelle è quella che possiede il dono della grazia e della bellezza.

Tuttavia Zeno finirà per sposare Augusta, la terza sorella  meno avvenente della famiglia Malfenti, poiché Ada preferirà unirsi in matrimonio con Guido Speier, figlio di un uomo ricchissimo e bravo suonatore di violino.

Di fatto Zeno viene sia nel libro sia nello spettacolo ad incarnare l’archetipo dell’uomo moderno condannato all'inettitudine ed incapace di risolvere la sua vita. Infatti non può disporre del suo patrimonio, poiché è affidato ad un curatore nominato da suo padre, il dottore Enrico Copler.

Tuttavia entra a fare parte di una società d’affari costituita da Guido Speier, suo cognato ed inizialmente suo rivale in amore. Zeno, che in un primo momento aveva odiato Guido, tanto da volerlo uccidere, come confessa al suo analista, in un secondo momento muta il suo atteggiamento nei riguardi di suo cognato,  che si rivelerà ben presto un uomo improvvido e sprovveduto ed incapace di curare i suoi affari e tutelare i suoi interessi.

Malgrado i saggi consigli che Zeno gli dà, Guido gioca in borsa sfidando la sorte in modo maldestro, fino a subire una grave perdita. In questa parte dello spettacolo vediamo i protagonisti che si muovono sulla scena del mondo e sullo sfondo di una città come Trieste, crocevìa di tante cultura e civiltà,  i quali tentano invano di conferire un senso alla loro vita, dopo avere provato  e sperimentato l’angoscia esistenziale e l’inquietudine interiore di fronte all'indifferenza della natura ed al vuoto con cui devono misurarsi nella loro vita.

Infatti Svevo è in Italia lo scrittore che più di ogni altro, come ha notato Claudio Magris nei suoi saggi e studi, è riuscito a descrivere la crisi del primo Novecento,  tema centrale nella cultura decadente europea, da cui è derivata la dissoluzione dell’Io e la scoperta da parte dell’uomo che non vi è un solido fondamento alla base della vita umana.

Non a caso questo libro venne elogiato da maestri della cultura come James Joyce ed Eugenio Montale, sia per la modernità della sua composizione letteraria sia per la sua profondità. Zeno, pur avendo avuto una storia d’amore con la cantante lirica Carla Geco, che di fatto sarà la sua amante per un breve periodo, confessa di avere provato un grande senso di colpa, dovuto al sentimento d’amore puro e autentico, che dopo il matrimonio, ha sempre coltivato verso sua moglie Augusta, donna borghese dai solidi principi morali.

Guido, dopo avere subito una grave perdita, causata dalle sue spericolate ed improvvide speculazioni nel gioco della borsa, soprafatto dal senso di colpa, si suicida e si toglie la vita. Zeno rimasto l’unico uomo della sua famiglia, suo malgrado, riesce a recuperare parte della perdita economica, dovuta agli errori commessi da suo cognato Guido.

Nella sua maturità Zeno Cosini matura la convinzione che la vita è originale, poiché chiunque, dianzi a questa straordinaria creazione priva di senso e di un fine che possa essere colto e decifrato, non può fare a meno di provare stupore ed angoscia. Inoltre diviene consapevole di non potere guarire, poiché la sua oscura e misteriosa malattia coincide e si identifica con la vita stessa.  

Nella parte finale dello spettacolo, Zeno Cosini pronuncia un monologo bellissimo, ed in questo punto dello spettacolo non si può non evocare lo stile letterario dell’Ulisse di James Joyce, capolavoro della letteratura europea, di cui è stata pubblicata recentemente una nuova edizione dall’editore Einaudi con la traduzione di Gianni Celati, la cui narrazione è basata sul famoso flusso di coscienza.

Nel suo monologo filosofico, mentre risuonano le esplosioni nel 1916 della prima guerra mondiale, Zeno Cosini confessa il suo disincanto e la sua disillusione nei riguardi del progresso umano e tecnico, presagendo e temendo la possibile catastrofe provocata dalla eccessiva fiducia dell'umanità nelle magnifiche e progressive sorti della storia.

Infatti dichiara che la vita potrebbe estinguersi ed essere annientata dal falso progresso umano e la stessa terra  trasformarsi in una nebulosa, ed essere, in questo caso,  destinata a vagare nell’universo senza avere più uno scopo ed un fine.

Nello spettacolo di Maurizio Scaparro sono ammirevoli le scenografie che riproducono sia gli interni delle abitazioni borghesi della Trieste del primo Novecento, sia i luoghi memorabili di questa città, che si affaccia e si trova dinanzi l’azzurro intenso del mare Adriatico. Uno spettacolo bello e interessante, un vero evento per la cultura del nostro Paese, in cui tutti gli attori recitano con bravura e grande rigore ed intensità.

Pubblicato in: 
GN23 Anno V 16 aprile 2013
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Quirino

Compagnia del Teatro Carcano
GIUSEPPE PAMBIERI

LA COSCIENZA DI ZENO
di Tullio Kezich
dal romanzo di Italo Svevo
 
con Enzo Turrin, Giancarlo Condè
e con (in ordine alfabetico) Silvia Altrui
Livia Cascarano, Guenda Goria
Marta Ossoli, Antonia Renzella
Raffaele Sinkovic, Anna Paola Vellaccio
Francesco Wolf
 
scene Lorenzo Cutuli
costumi Carla Ricotti
musiche Giancarlo Chiaramello
 
regia MAURIZIO SCAPARRO