Un uomo di carattere di Rilke. La copia tragicomica del proprio Sé

Articolo di: 
Livia Bidoli - Teo Orlando
Un uomo di carattere

Il 5 agosto scorso, nel parterre di Villa Pamphilj a Roma, Luca Simonelli ha presentato un adattamento teatrale del racconto di Rainer Maria Rilke Un uomo di carattere (Ein Charakter, 1896), la cui cifra espressiva e concettuale si può riassumere nella potente frase d’esordio del Rilke deceduto: Nessuno di noi vive per sé stesso”.

Un funerale accoglie lo spettatore, una bara circondata di maschere veneziane che rimandano alla farsa-labirinto del film di Stanley Kubrick Eyes Wide Shut (1999, a sua volta ispirato al romanzo di Arthur Schnitzler Doppiosogno/Traumnovelle), come ad esplorare un territorio insolito, debordante da tutto quel che si vedrà poi: interni borghesi, matrimoni decisi a tavolino, la stessa maschera del personaggio-autore che si stupisce anch’essa di quanto Momo, cioè lui stesso, sia un burattino che pedissequo esegue qualsiasi cosa la famiglia o gli amici e collaboratori gli suggeriscano di fare.

Un matrimonio insipido con la bella della città (del “paese”?), una targa in suo onore perché finanzia un teatro con i proventi della fabbrica di bottoni ereditata dal padre, ed un aforisma illuminante che riassume la sua vita senza senso: “Una convinzione, se non è profonda, è soltanto una grande inquietudine”. Dopotutto si tratta di un defunto che racconta sé stesso e Simonelli, in questa parte, oltre che in quella di autore e regista, ci si trova benissimo: dagli interventi quando l’unico amore vero, una giovane bibliotecaria, gli confessa il suo invaghimento, fino alla fine, su una sedia a rotelle esattamente come il padre; copia tragicomica di sé stesso.

È ben visibile nella pièce teatrale la volontà creatrice che Rilke espresse in un altro racconto dello stesso periodo, Ewald Tragy (1897): “Io sono il mio proprio legislatore e re; sopra di me non c'è nessuno, neanche Dio”. Come ha osservato Nicola Gardini, con queste parole di sapore autobiografico, Rilke ha fondato un vero mito della sua capacità creativa, che si riflette anche nella descrizione della vita dell'«uomo di carattere».

In realtà, nella pièce si colgono palesemente motivi contraddittori, presenti anche nella duplice forma comunicativa con cui è strutturata l’azione: ci troviamo di fronte ad una sorta di doppio “piano diegetico” (ovvero narrativo), quello del monologo, che si rivolge al pubblico, e quello dialogico, che dipana i fili della storia del protagonista from the cradle to the grave.

E sono le stesse battute a scandire i motivi di una vita irrisolta: il protagonista osserva che, quando gli altri amoreggiavano d’estate, lui faceva altro. E sottolinea di aver sempre studiato poco, perché per lui “leggere è come apparecchiare la tavola al dolce Morfeo”. La vita in fondo, “è solo una questione di nomi”. E arriva a un certo punto una sorta di rivelazione: “Io, un uomo di carattere, in realtà sono un imbranato cronico”: la prospettiva quasi metafisica e nietzschiana di essere padroni del proprio destino, caratterizzato da forza e decoro, si tramuta in quella più prosaica di diventare il padrone dell’azienda del proprio genitore.

Tratti che delineano più che un uomo di carattere una sorta di inetto che richiama alla memoria Zeno Cosini, protagonista de La coscienza di Zeno di Italo Svevo, cittadino di quella Trieste così amata anche da Rilke (il quale a pochi chilometri, a Duino, nel celebre castello dei principi Thurn und Taxis, compose le Elegie duinesi).

Anche sul mondo viene espresso un pessimismo quasi radicale: l’uomo viene considerato una sorta di parentesi della storia, una grande noia tra una disgrazia e l’altra; guerre e catastrofi causano disastri per cui bisognerà fornire aiuti o approntare tendopoli. La solidarietà internazionale viene declassata a una sorta di grande invenzione del secolo XIX, età in cui l’umanità sembra risucchiata nel vortice del progresso, a cui anche “i bambini debbono la loro felicità”. E non mancano le frecciate rivolte ai giornalisti, dotati della mirabile capacità di essere sul posto già prima che il fatto avvenga.

Come una donna brutta replica al suo specchio di essere semplicemente una donna particolare, così “l’uomo di carattere” potrebbe replicare alla sua vita che il contratto che ha stipulato non ha nessun valore.

E il matrimonio borghese che Momo non può fare a meno di celebrare lo vede in una posizione passiva, dove viene semplicemente "preso" come marito e non sceglie consapevolmente la propria consorte. Si tratta dell’inverno che trapassa nella primavera, ma “perdendosi tra le sue braccia: come un raggio di sole tra due amanti che hanno litigato”.

Nella conclusione il dramma assume toni grotteschi, oscillanti tra Pirandello e Beckett: la vita acquista una dimensione teatrale che corre addosso al protagonista, come un viaggiatore che ha sbagliato treno e si vede assalito da un paesaggio sconosciuto. Il presente è sempre più sprovvisto di senso, al punto che il suo significato sta ormai nel riconoscere un malinconico passato.

Il dramma si chiude con una cerimonia funebre, dove il bilancio della vita del protagonista è quasi fallimentare. E come potrebbe essere altrimenti, se è vero che viviamo in un mondo “dove si continua a celebrare una giornata della beneficenza”? Ne consegue che il nostro mondo è dominato dalla malvagità e abitato da uomini che, come il protagonista, “vagano senza sosta e senza meta”, nella consapevolezza di “essere stati solo una grande burla”.

La vita è in fondo qualcosa di inautentico, in cui ciascuno vive all’ombra di un altro, quasi come se fosse il suo maggiordomo.

E come lo stesso Rilke ci ricorda nei Sonetti ad Orfeo:

Siamo dunque così paurosi e fragili/come vuol farci credere il destino?/E l'infanzia profonda di promesse,/s'inaridisce, poi, nelle radici?/Ah, il fantasma dell'Effimero attraversa come se fosse fumo/chi inconsapevole l'accoglie. (Sind wir wirklich so ängstlich Zerbrechliche,/wie das Schicksal uns wahr machen will?/Ist die Kindheit, die tiefe, versprechliche,/in den Wurzeln - später - still?/Ach, das Gespenst des Vergänglichen,/durch den arglos Empfänglichen/geht es, als wär es ein Rauch.- trad. di Giacomo Cacciapaglia).

Pubblicato in: 
GN 21/ 5 -19 settembre 2009
Scheda
Autore: 
Rainer Maria Rilke - Luca Simonelli
Titolo completo: 

Un uomo di carattere
Il male di vivere dell’anti-eroe borghese
Testo teatrale di Luca Simonelli dal racconto omonimo di R.M. Rilke

Regia: Luca Simonelli
Compagnia/Produzione: Progetto Ateneo/ANACS
Cast: Giuseppe Abramo, Ivan Bertolami, Alessandra Cavallari, Martina Ciminelli, Nicola De Santis, Mario Marasco, Giancarlo Mici, Manuela Montanaro, Eleonora Tiberia, Luca Simonelli, e la partecipazione di Marco Prosperini, Elisabetta Melchiorri.
Musiche originali di Paola Casa
Disegno luci e direzione tecnica di Giorgio Rossi

Mercoledì, 5 Agosto 2009 - ore 21,15
Teatro Villa Pamphilj
Largo 3 Giugno 1849 - Roma

Anno: 
2009
Voto: 
7